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Riparazione tetto o lastrico solare … chi paga?

La ripartizione delle spese per il rifacimento del lastrico solare o del tetto di un edificio condominiale è spesso oggetto di accese discussioni tra i condòmini. A chi spettano le spese?

L’art. 1117 cc indica che il tetto è una parte comune se non risulta il contrario dal titolo (Regolamento di Condominio o rogito). Ciò significa che tutti devono partecipare alla spesa per un eventuale rifacimento. Il tetto è fondamentale per preservare l’edificio dagli agenti atmosferici e chiunque ne sia coperto a qualsiasi livello sottostante (cantine, box) deve concorrere alla sua manutenzione. Vale in ogni caso quanto disposto dall’art. 1123 cc comma 3, ovvero:

“Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.”

La ripartizione della spesa avverrà quindi utilizzando la tabella di proprietà con l’esclusione di coloro che rientrano nel disposto del comma appena riportato.

Per quanto riguarda i lastrici solari occorre fare una distinzione. Se la copertura, che ha differenza del tetto a falde è orizzontale e opzionalmente calpestabile, è condominiale, la spesa deve essere ripartita come per il tetto tra tutti i condòmini.

Se invece il lastrico solare o il terrazzo a livello è ad uso esclusivo, interviene l’art. 1126 cc che recita:

“Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.”

La ripartizione della spesa rientrante nei 2/3 dovrà quindi coinvolgere tutte le unità immobiliari sottostanti, coperte anche solo parzialmente dal lastrico, fino al livello più basso (cantine e box) escludendo naturalmente le parti comuni (androne, corselli, rampe, ecc). La tabella utilizzata dovrà essere quella di proprietà.

Condominio e Supercondominio

Con l’introduzione della nuova riforma sul condominio negli edifici (L. 220/2012) entrata in vigore il 18 giugno 2013 il legislatore ha tentato di regolamentare l’istituto del “supercondominio”. L’art. 1117 bis dispone infatti:

Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117.

In verità già il terzo comma dell’art. 1123 cc disponeva in precedenza nel merito:

Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinatia servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.

L’aggiunta dell’art. 1117 bis cc ha posto un interrogativo. In presenza di parti comuni a più edifici è necessaria la “creazione” di una gestione separata e quindi di un “supercondominio”?

A giudizio di chi scrive, il codice non riporta alcun obbligo di creazione ad hoc di un supercondominio, quanto l’imposizione di provvedere ad una corretta ripartizione delle spese tra i diversi soggetti coinvolti. Infatti l’intenzione del legislatore non è quella di aggravare i condòmini di spese, bensì di riconoscere l’esistenza di un “contenitore” esterno che includa le parti comuni a più condomini, se esistenti.

Chiariamo questo aspetto con un esempio.

Due fabbricati separati tra loro hanno in comune un’area cortiliva e l’accesso ai box. La gestione di una situazione simile può essere fatta seguendo due strade:

a) Un condominio per ognuno dei due fabbricati e un supercondominio per la gestione delle sole parti comuni a entrambi. Una soluzione di questo tipo necessita di tre gestioni contabili separate, quindi tre codici fiscali, tre conti correnti, tre amministratori, tre adempimenti fiscali diversi, ecc. Un evidente aggravio di spese, soltanto per “dividere” e ripartire correttamente le spese di ciascuno;

b) Un unico condominio con tabelle millesimali pensate e redatte per considerare tutte le possibili ripartizioni di spesa. una tabella di proprietà generale che possiamo chiamare di supercondominio con cui ripartire le spese comuni (amministrazione, manutenzione e servizi relativi all’area cortiliva e all’accesso ai box); una tabella di proprietà dei singoli fabbricati, per ripartire le spese inerenti a ciascuno di essi (pulizia scale, rifacimento tetti, lastrici, ecc.);

In entrambi i casi ciascun condòmino pagherà soltanto il dovuto, ma nel primo caso si troverà ad affrontare maggiori spese di gestione … e nessun vantaggio aggiuntivo.

 

Bilancio di esercizio

Il bilancio di esercizio rappresenta la sintesi di un anno di gestione che non si limita a “rendere il conto” delle spese e degli incassi intercorsi nell’anno, ma deve  mostrare una chiara situazione dello stato patrimoniale del condominio consistente in fondi, debiti e crediti. E’ un documento “delicato” perchè mostra come siano stati spesi i soldi dei condòmini.

L’art. 1130 bis cc specifica, a dir la verità in maniera generale, quali siano i requisiti minimi che deve avere questo documento:

Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata
verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti

Saper leggere un bilancio è fondamentale per capire lo stato di forma di un condominio, anche perchè una volta approvato, le eventuali spese indicate e i conguagli richiesti diventano liquidi ed esigibili.

  1. Il rendiconto di cassa parte dal saldo di cassa dell’esercizio precedente (es. 01/01/2017) che DEVE corrispondere al saldo di c/c, riassume le entrate e le uscite reali dell’anno e si chiude con un saldo finale corrispondente sempre al c/c  (es. 31/12/2017) che costituirà il valore iniziale dell’esercizio successivo;
  2. Lo stato patrimoniale che viene evidenziato sempre in “pareggio”, riporta le “partite” ancora aperte, ovvero i debiti e i crediti verso terzi (per semplificare le quote non ancora incassate e le fatture ancora non pagate) e i fondi accantonati (tfr, fondo lavori, ecc).

Un bilancio chiude sempre in pareggio perchè il condominio non ha utili. Ad un totale di spese X corrisponde sempre un corrispondente totale di quote da incassare X … appunto a pareggio.

Un bilancio di esercizio che riporta voci con il segno – (meno) o descrizioni “strampalate” è sempre meritevole di un chiarimento da parte dell’amministratore, che nella “nota sintetica esplicativa” dovrebbe indicare le questioni più importanti che hanno caratterizzato l’anno di gestione.

Strutture

A questo punto ci sembra opportuno analizzare meglio le modalità di ripartizione delle spese relative alle strutture e agli impianti che fanno parte integrante di un fabbricato e che naturalmente sono strumentali e necessari al godimento delle proprietà individuali. Ci riferiamo alle parti comuni descritte nel primo capitolo e delle quali ogni condòmino è proprietario di una quota ideale del tutto, acquisita contestualmente all’acquisto della sua unità immobiliare. Questa condizione di proprietà pone il condòmino in una posizione di responsabilità nei confronti delle parti comuni, responsabilità che entro certi limiti viene demandata all’amministratore in virtù del contratto di mandato sancito con la sua nomina. Il condòmino infatti è tenuto a concorrere alle spese per la conservazione, la manutenzione e il godimento delle parti comuni proporzionalmente alla sua quota millesimale, che rappresenta il valore dell’unità immobiliare di cui è proprietario rispetto all’intero fabbricato. Deve quindi fornire i mezzi, cioè i soldi necessari per sostenerle, all’amministratore, il quale deve provvedere al pagamento.

Se tutte le spese fossero erogate ripartendole semplicemente fra i condòmini secondo un’unica tabella millesimale, la contabilità condominiale sarebbe di una semplicità disarmante, ma la realtà è molto diversa. Ci sono beni comuni che strutturalmente servono i condòmini in misura diseguale, altri che vengono usati con intensità differente, e poi ci sono i servizi, che vengono addebitati in relazione al consumo. Tutto questo complica le cose ed è quindi necessario fare maggiore chiarezza.

In generale le spese inerenti alla conservazione delle strutture che compongono un fabbricato vengono suddivise tra i condòmini che ne fanno parte secondo la tabella millesimale di proprietà, ma ci sono alcune eccezioni:

  • Coperture: le spese di riparazione del tetto a falde (ovvero disposto su piani inclinati) e dei lastrici solari (ovvero disposto su piani orizzontali) di uso comune, vengono ripartite tra tutti i condòmini a prescindere dalla posizione delle unità immobiliari sottostanti. Ciò avviene perché le coperture sono a protezione dell’intero edificio, in mancanza delle quali nessuna unità immobiliari potrebbe essere preservata dalle intemperie. Nel caso però che un lastrico solare, ovvero una terrazza a livello, sia di uso esclusivo, le spese di riparazione vengono ripartite in maniera diversa, perché è necessario considerare il maggior uso da parte del condòmino proprietario. In questa evenienza 1/3 della spesa è interamente a carico del condòmino utilizzatore, ed i restanti 2/3 vanno suddivisi, proporzionalmente alla tabella di proprietà, tra i condòmini sottostanti per i quali il lastrico solare svolga funzione di copertura, anche se marginalmente. A patto ovviamente che un regolamento di condominio non disponga diversamente.

 

  • Facciate: le spese di rifacimento o tinteggiatura delle facciate sono a carico di tutti i condòmini del fabbricato. L’unica eccezione è rappresentata dai balconi. L’orientamento della giurisprudenza ha stabilito in maniera definitiva che il balcone aggettante, cioè quello che sporge dal profilo del fabbricato, è un prolungamento della proprietà esclusiva di cui fa parte, con la conseguenza che le spese di rifacimento dello stesso sono interamente a carico del condòmino proprietario, salvo che il regolamento di condominio non disponga diversamente. In casi del tutto particolari, quando cioè il balcone faccia parte di un contesto architettonico di particolare valore e che sia costituito da fregi e decorazioni di pregio, la ristrutturazione della facciata comprenderà anche il rifacimento dei balconi, ma si tratta di fattispecie davvero sporadiche. In presenza invece di un balcone incassato, cioè incluso nel profilo del fabbricato, la questione è diversa, perché nonostante sia di proprietà, il rifacimento dello stesso rientra nelle spese di ristrutturazione della facciata, di cui fa parte integrante.

 

  • Soffitti, volte e solai: pur essendo strutture di sostegno dell’unità immobiliare soprastante e di copertura di quella sottostante, il rifacimento o la riparazione di soffitti, volte e solai, è divisa in parti uguali tra i condòmini delle due proprietà, rimanendo a carico del condòmino superiore la spesa per la pavimentazione, e a carico di quello inferiore l’intonacatura e la tinteggiatura del soffitto. A questa fattispecie appartengono anche i balconi incassati, qualora sia necessario intervenire per il rifacimento della soletta.

 

  • Scale e ascensori: sono l’esempio tipico per il quale è necessario tenere in considerazione l’uso più o meno intenso, anche potenziale, da parte di ciascun condòmino. Sono le parti comuni per cui normalmente vengono create apposite tabelle millesimali. Tali tabelle vengono realizzate tenendo conto di una norma di legge (Art. 1124 c.c.) dove viene indicato che le spese di manutenzione e rifacimento devono essere suddivise tra i condòmini sommando due valori: il 50% ripartito secondo la tabella di proprietà; l’altro 50% suddiviso proporzionalmente all’altezza di piano in cui si trova ciascuna unità immobiliare. Tale combinazione risponde all’esigenza di attribuire al condòmino una quota legata alla proprietà, ed un’altra strettamente dipendente dall’uso, supponendo quindi che un condòmino dell’ultimo piano possa “sfruttare” più intensamente la scala e l’ascensore rispetto a chi sta al piano terra. Ne consegue che tutte le spese inerenti, come l’illuminazione, la pulizia, la tinteggiatura, la forza motrice, vengano ripartite secondo questa specifica tabella;

 

  • Pluviali: l’intero impianto di recupero delle acque meteoriche, costituito dalle grondaie e dalle condotte di scarico, è un bene comune la cui riparazione è a carico dell’intero condominio, perché costruito a protezione di infiltrazioni e umidità. Differisce dagli impianti di cui parleremo più avanti, perché qualsiasi spesa per la sua riparazione rimane sempre a carico di tutti i condomini.

Impianti e accessori

Le parti comuni accessorie sono di proprietà condominiale. Ciò significa che le spese di conservazione e manutenzione sono a carico di tutti i condòmini che possano utilizzarle, anche potenzialmente. Ad esempio, il fatto che un locale stenditoio non venga sfruttato dal singolo condòmino, non lo esime dalla compartecipazione alle spese di conservazione, perché tale locale è anche di sua proprietà.

Gli impianti rappresentano in generale l’apparato circolatorio dell’organismo condominiale. Sono beni comuni necessari, che però possono servire i condòmini in misura diversa. Come vedremo, alcuni impianti sono al servizio di una parte soltanto del condominio, mentre altri erogano servizi che presuppongono una spesa strettamente legata al consumo:

  • Impianto idrico: in linea generale le condotte che distribuiscono l’acqua a tutte le unità immobiliari sono condominiali fino al punto di diramazione della singola proprietà esclusiva. Solo nel caso in cui vi siano condotte dedicate, la responsabilità del condominio arriva fino al punto di utenza. Normalmente il punto di partenza della condotta condominiale è identificata con il contatore dell’azienda erogatrice del servizio, mentre il punto di arrivo è il contatore della singola unità immobiliare, situato all’interno o subito all’esterno della proprietà. Le spese di riparazione dell’impianto vengono suddivise in funzione della tabella millesimale di proprietà, mentre quelle d’uso vengono addebitate in relazione al consumo di ciascun condòmino, desunto dalla lettura dei singoli contatori.

 

  • Impianto fognario: è costituito da colonne di scarico discendenti che successivamente confluiscono in condotte comuni fino ad arrivare all’imbocco della fogna pubblica. Ciò presuppone che ciascuna colonna sia al servizio di un determinato numero di unità immobiliari disposte sulla stessa verticale. Siamo quindi in presenza di un “condominio parziale”, pertanto le spese di riparazione di ciascuna colonna sono sostenute dai condòmini serviti dalla colonna stessa, proporzionalmente alla tabella millesimale di proprietà. Lo stesso ragionamento viene applicato alle diramazioni successive la cui riparazione è a carico dei condòmini che se ne servono; sono invece di proprietà esclusiva le condotte “orizzontali” dall’innesto in colonna fino ai punti di utenza.

 

  • Impianto elettrico: è comune fino ai contatori delle singole unità immobiliari. Il contatore condominiale che sovrintende all’erogazione dell’energia per il funzionamento dei servizi (illuminazione, forza motrice, cancelli elettrici, ecc) misura il consumo delle parti comuni, la cui spesa viene ripartita (condominio parziale) tra tutti i condòmini che ne traggono utilità, solitamente calcolandone il consumo in base all’assorbimento potenziale dei dispositivi o in percentuale;

 

  • Impianto di distribuzione del gas: in linea generale le condotte che distribuiscono il gas a tutte le unità immobiliari sono condominiali fino al punto di diramazione della singola proprietà esclusiva. Solo nel caso in cui vi siano condotte dedicate, la responsabilità del condominio arriva fino al punto di utenza. Normalmente il punto di partenza della condotta condominiale è identificata con la saracinesca di chiusura generale, mentre il punto di arrivo è il contatore della singola unità immobiliare, interno alla proprietà. Le spese di riparazione dell’impianto vengono suddivise in funzione della tabella millesimale di proprietà, mentre quelle d’uso vengono addebitate in relazione al consumo di ciascun condòmino;

 

  • Impianto di riscaldamento: ci si riferisce ad un impianto di tipo condominiale, con centrale termica comune a tutti i condòmini. Le spese di riparazione, conservazione e messa a norma dell’impianto sono a carico di tutti i condòmini, anche di quelli eventualmente distaccati, che risparmiano solo sulla bolletta del carburante, poiché continuano ad averne in ogni caso la proprietà. Per ciò che concerne i consumi, la recente normativa sul risparmio energetico ne impone la contabilizzazione per singola unità abitativa. Ciò comporta la presenza di nuove tabelle millesimali definite “tabelle di fabbisogno”, che identificano il consumo involontario dell’impianto, quello cioè inerente alle spese per trasportare l’energia radiante dalla centrale termica a ciascuna unità immobiliare e che normalmente si aggira sul 30% del totale. La parte restante della spesa viene ripartita in base alla lettura dei contabilizzatori installati nelle singole unità immobiliari;

 

  • Impianto dati o di ricezione radiotelevisiva: è condominiale tutto l’impianto, fino al punto di diramazione della singola unità immobiliare. Poiché è frequente che vengano installate antenne centralizzate in sostituzione di quelle singole, particolarmente anti estetiche, la spesa derivante viene normalmente suddivisa tra i condòmini in parti uguali e non secondo la tabella millesimale di proprietà. A seconda del tipo di distribuzione dei cavi (a cascata o diretta) l’eventuale sostituzione del cavo può essere a carico del singolo condòmino o di tutti i condòmini che utilizzano la linea da riparare.