La normativa del condominio negli edifici è trattata nel Codice Civile dall’articolo 1117 al 1139, l’ultimo dei quali rimanda, come detto in precedenza, alle norme sulla comunione, e dalle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile, dall’articolo 61 al 72 (v. Appendice).
Il condominio non è altro che una particolare forma di comunione, nella quale coesistono unità immobiliari di proprietà piena ed assoluta e beni comuni in comproprietà, strumentali al pieno godimento delle proprietà individuali stesse. Si tratta, come spiegheremo nel seguito, di una condizione forzosa, irrinunciabile e, tranne che in rare occasioni, indivisibile.
Basterebbe pensare ad un qualsiasi edificio che contenga due o più appartamenti di proprietà, per capire il senso di quanto appena affermato. I proprietari delle unità immobiliari hanno il possesso pieno ed esclusivo della loro unità immobiliare, ma è ovvio che ognuna delle proprietà faccia parte di una struttura che le contiene, il fabbricato, dotato di elementi senza i quali gli appartamenti stessi non potrebbero esistere né essere utilizzati, o per meglio dire goduti, dai rispettivi proprietari. E’ facile comprendere quindi che sia le proprietà individuali che le parti comuni coesistono ed hanno ragion d’essere soltanto perché sono presenti entrambi, contemporaneamente.
In un qualsiasi fabbricato possiamo identificare tre categorie di parti comuni:
- Strutture (senza le quali il fabbricato non potrebbe esistere):
- Suolo e sottosuolo: il suolo dove sorge il fabbricato e il sottosuolo il cui perimetro è costituito dalle fondamenta dell’edificio, salvo titolo contrario (regolamento di condominio ma soprattutto titolo di proprietà);
- Fondazioni: costituiscono la base d’appoggio del fabbricato, pur trovandosi in proprietà esclusive;
- Muri maestri, travi portanti, pilastri: costituiscono lo scheletro che sorregge tutto l’edificio, anche se facenti parte di proprietà esclusive.
- Facciate: oltre che fornire un ulteriore sostegno all’intero fabbricato, lo proteggono dagli agenti atmosferici;
- Coperture: tetti a falde e lastrici solari comuni proteggono l’edificio dalle intemperie, a prescindere dalla posizione delle unità immobiliari poste al di sotto;
- Scale: comprendenti tutti gli accessori, come parapetti, ringhiere, pianerottoli;
- Portoni, portici, anditi e androni: anche se non utilizzati, perché svolgono una funzione di decoro a favore di tutto il fabbricato;
- Cortile: lo spazio che comprende anche la colonna d’aria soprastante, perché fornisce luce e aria a tutto il fabbricato;
- Pluviali: l’intero impianto costituito anche dalle grondaie e delle condotte di scarico che convogliano le acque meteoriche lontano dal fabbricato, proteggendolo dall’umidità e dalle infiltrazioni.
- Accessori (che possono anche non essere presenti):
- Area di parcheggio: destinata all’uso di tutti i condòmini, salvo titolo contrario;
- Locale lavanderia;
- Sottotetti comuni;
- Portineria;
- Alloggio del portiere;
- Stenditoio
- Impianti (che servono per usufruire dei servizi comuni):
- Ascensori;
- Pozzi;
- Cisterne
- Impianto idrico *;
- Impianto fognario *;
- Impianto elettrico *;
- Impianto di distribuzione del gas *;
- Impianto di riscaldamento/condizionamento *;
- Impianto di ricezione radiotelevisiva *;
- Impianto di trasmissione dati *.
* fino al punto di diramazione alle proprietà esclusive ovvero, nel caso di impianti individuali, fino al punto di utenza.
Si tratta naturalmente di parti alle quali è impensabile rinunciare, perché non sarebbe possibile utilizzare la propria unità immobiliare senza necessariamente sfruttare le parti comuni essenziali. L’unica possibilità di rinuncia rimane infatti la vendita della proprietà, e con essa la cessione delle parti comuni. Di qui la condizione “forzosa”, che costringe chiunque sia proprietario di un’unità immobiliare all’interno di un condominio a partecipare alla spesa per la sua conservazione.
Non è necessario che un bene sia compreso nell’elenco sopra indicato per essere considerato a tutti gli effetti un “bene comune”. L’Art. 1117 c.c. ne cita diversi, ma si tratta comunque di una lista esemplificativa e non esaustiva. Affinché un bene possa essere considerato condominiale è indispensabile innanzitutto che la sua destinazione strutturale e oggettiva sia comune a tutti i partecipanti al condominio e, soprattutto, che non sia indicato in alcun contratto di vendita (rogito) relativo ad una qualunque unità immobiliare presente nell’edificio, perché in tal caso sarebbe sicuramente di proprietà individuale. Più avanti vedremo che esiste un’altra eccezione che può destinare un bene comune al godimento di un singolo partecipante al condominio e non alla collettività: una norma contrattuale del regolamento condominiale.
In considerazione di quanto si è detto, si può dedurre che un “condominio” si forma automaticamente e senza alcun atto formale, in presenza di almeno due unità immobiliari all’interno dello stesso edificio (condominio minimo), a condizione però che le due unità siano proprietà di due diversi soggetti. Più precisamente ci troveremo di fronte alla nascita di un nuovo condominio quando:
- Il costruttore di una qualsiasi complesso immobiliare vende il primo appartamento, cedendone quindi la proprietà ad un terzo e facendo sorgere di conseguenza un condominio minimo;
- Più soggetti acquistano un terreno e vi costruiscono un immobile, assegnando successivamente le singole unità immobiliari in proprietà a ciascuno;
- Più soggetti ereditano pro indiviso un edificio e successivamente procedono al frazionamento e all’assegnazione dei singoli appartamenti tramite notaio.
Così come un condominio si forma, vi sono casi in cui può essere sciolto:
- Se può dividersi in edifici autonomi, pur mantenendo alcune parti in comune (ma serve una delibera assembleare);
- Se un unico soggetto acquista tutte le unità immobiliari di un edificio;
- In caso di perimento totale o per oltre i 3/4 dell’edificio.