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Il condominio e i condòmini

Il condominio … cos’è esattamente? Chi sono i condòmini e come vengono conteggiati nei quorum assembleari? La risposta pare scontata ma non è così.

Molti pensano che “condominio” sia sinonimo di “edificio” o “caseggiato”, ma nella realtà il termine “condominio” non si riferisce ad un “oggetto fisico” ma piuttosto ad una “condizione giuridica”.

Per spiegare bene il significato di questa particolare forma di comproprietà occorre spiegare che cosa sia una “comunione”. Una qualsiasi proprietà privata che appartenga a più soggetti (siano essi eredi o comproprietari) è una “comunione”, normata dal codice civile dagli articoli 1100 al 1116. Il “condominio” ne è una particolare “mutazione”, perchè in esso convivono le proprietà individuali piene ed esclusive (unità immobiliari) e le parti comuni di cui tutti i partecipanti al condominio sono comproprietari (tetto, fondamenta, cortili, impianti, ecc) … proprio come nella “comunione”. Si tratta quindi di una fattispecie giuridica del tutto unica, regolata anch’essa da norme del codice civile (dall’art. 1117 al 1139).

Ne consegue che il “condòmino” è colui che possiede una unità immobiliare all’interno di un edificio in cui sono presenti altri condòmini (almeno 1). Pertanto l’inquilino (o conduttore) e il comodatario non sono condòmini perchè non sono proprietari dell’unità immobiliare che detengono in locazione o in comodato d’uso.

Il conteggio dei condòmini assume particolare rilevanza nella determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea. Se in un edificio un condòmino possiede due unità immobiliari (di qualsiasi natura) nelle assemblee verrà conteggiato come “una testa” e la somma dei millesimi … non come “due teste”. Se invece un condòmino è unico proprietario di una unità immobiliare e in una seconda unità è comproprietario insieme ad altri, in assemblea verranno conteggiate “due teste” ciascuna delle quali porterà con sè i millesimi dell’unità immobiliare posseduta.

Questa considerazione è molto importante perchè in presenza di un edificio composto da 10 unità immobiliari di cui 9 sono proprietà di un’unica compagine (società, soggetto singolo o altro) e 1 unità immobiliare è di proprietà di un terzo, i condòmini totali sono soltanto 2.

I consiglieri nel condominio

I consiglieri vengono spesso ritenuti, a torto, figure condominiali che rivestono particolari incarichi e viene attribuito loro un “potere” che nella realtà non hanno. E’ il comma 2 dell’art. 1130 bis cc che dispone nel merito:

L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo

In prima battuta vale la pena sottolineare che l’istituto del consiglio di condominio può essere regolarmente formato soltanto in presenza di almeno dodici unità immobiliari (non si considerano i condòmini) e che il loro numero è costituito da almeno tre elementi, senza specificarne il numero massimo che per assurdo potrebbe essere corrispondente al numero totale dei condòmini, proprio ad indicare che non esiste differenza sostanziale tra condòmino e consigliere.

Il codice definisce, seppur in maniera generale, le funzioni in capo ai consiglieri: consultazione e controllo. Ne consegue che non hanno alcun potere discrezionale o decisionale, ma rappresentano semplicemente delle figure di “raccordo” tra i condòmini e l’amministratore e che svolgono la loro attività a titolo gratuito, a meno che l’assembela non decida di riconoscere una retribuzione.

I consiglieri non possono “approvare” preventivi per lavori di qualsiasi natura, perchè tale facoltà è demandata esclusivamente all’organo assembleare al quale non si possono sostituire.

La comunione

Sebbene non sia nostra intenzione complicare le cose, prima di dare un senso preciso alla parola condominio è indispensabile parlare di “comunione”, un termine a cui il condominio stesso è legato da uno stretto rapporto di parentela.

La “comunione” è sostanzialmente la comproprietà di un bene da parte di più soggetti, siano esse persone fisiche o società. A titolo esemplificativo e considerando i soli beni immobili, un edificio o un terreno, ereditati da un determinato numero di soggetti, rappresentano una tipica fattispecie di comunione, dove ciascuno dei nuovi comproprietari è contemporaneamente titolare del “tutto”. Dunque, ognuno dei partecipanti, in quanto proprietario dell’intero bene, è tenuto a provvedere alla “conservazione” dello stesso, in modo che tutti ne possano godere ugualmente. In questo esempio, presumendo una titolarità di quote di proprietà uguale per tutti, una qualsiasi spesa da sostenere dovrà quindi essere ripartita in parti uguali tra i “comunisti”. Giova ricordare che anche nel caso in cui le quote di proprietà siano diverse tra loro, il godimento del bene deve essere garantito a ciascuno in egual misura, mentre le spese per il suo mantenimento dovranno essere suddivise secondo le rispettive quote di possesso.

Senza per il momento dilungarci troppo sulle norme che regolano la comunione e il rapporto tra i comunisti, vale la pena segnalare che queste sono indicate nel Codice Civile dall’articolo 1100 al 1116 e che, come vedremo nel seguito, ciò assume una certa rilevanza, perché in tema di condominio, per quanto non espressamente indicato nelle norme specifiche, sono proprio gli articoli sulla comunione che devono essere presi in considerazione.

Cos’è un condominio?

La normativa del condominio negli edifici è trattata nel Codice Civile dall’articolo 1117 al 1139, l’ultimo dei quali rimanda, come detto in precedenza, alle norme sulla comunione, e dalle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile, dall’articolo 61 al 72 (v. Appendice).

Il condominio non è altro che una particolare forma di comunione, nella quale coesistono unità immobiliari di proprietà piena ed assoluta e beni comuni in comproprietà, strumentali al pieno godimento delle proprietà individuali stesse. Si tratta, come spiegheremo nel seguito, di una condizione forzosa, irrinunciabile e, tranne che in rare occasioni, indivisibile.

Basterebbe pensare ad un qualsiasi edificio che contenga due o più appartamenti di proprietà, per capire il senso di quanto appena affermato. I proprietari delle unità immobiliari hanno il possesso pieno ed esclusivo della loro unità immobiliare, ma è ovvio che ognuna delle proprietà faccia parte di una struttura che le contiene, il fabbricato, dotato di elementi senza i quali gli appartamenti stessi non potrebbero esistere né essere utilizzati, o per meglio dire goduti, dai rispettivi proprietari. E’ facile comprendere quindi che sia le proprietà individuali che le parti comuni coesistono ed hanno ragion d’essere soltanto perché sono presenti entrambi, contemporaneamente.

In un qualsiasi fabbricato possiamo identificare tre categorie di parti comuni:

  • Strutture (senza le quali il fabbricato non potrebbe esistere):
  1. Suolo e sottosuolo: il suolo dove sorge il fabbricato e il sottosuolo il cui perimetro è costituito dalle fondamenta dell’edificio, salvo titolo contrario (regolamento di condominio ma soprattutto titolo di proprietà);
  2. Fondazioni: costituiscono la base d’appoggio del fabbricato, pur trovandosi in proprietà esclusive;
  3. Muri maestri, travi portanti, pilastri: costituiscono lo scheletro che sorregge tutto l’edificio, anche se facenti parte di proprietà esclusive.
  4. Facciate: oltre che fornire un ulteriore sostegno all’intero fabbricato, lo proteggono dagli agenti atmosferici;
  5. Coperture: tetti a falde e lastrici solari comuni proteggono l’edificio dalle intemperie, a prescindere dalla posizione delle unità immobiliari poste al di sotto;
  6. Scale: comprendenti tutti gli accessori, come parapetti, ringhiere, pianerottoli;
  7. Portoni, portici, anditi e androni: anche se non utilizzati, perché svolgono una funzione di decoro a favore di tutto il fabbricato;
  8. Cortile: lo spazio che comprende anche la colonna d’aria soprastante, perché fornisce luce e aria a tutto il fabbricato;
  9. Pluviali: l’intero impianto costituito anche dalle grondaie e delle condotte di scarico che convogliano le acque meteoriche lontano dal fabbricato, proteggendolo dall’umidità e dalle infiltrazioni.
  • Accessori (che possono anche non essere presenti):
  1. Area di parcheggio: destinata all’uso di tutti i condòmini, salvo titolo contrario;
  2. Locale lavanderia;
  3. Sottotetti comuni;
  4. Portineria;
  5. Alloggio del portiere;
  6. Stenditoio
  • Impianti (che servono per usufruire dei servizi comuni):
  1. Ascensori;
  2. Pozzi;
  3. Cisterne
  4. Impianto idrico *;
  5. Impianto fognario *;
  6. Impianto elettrico *;
  7. Impianto di distribuzione del gas *;
  8. Impianto di riscaldamento/condizionamento *;
  9. Impianto di ricezione radiotelevisiva *;
  10. Impianto di trasmissione dati *.

* fino al punto di diramazione alle proprietà esclusive ovvero, nel caso di impianti individuali, fino al punto di utenza.

Si tratta naturalmente di parti alle quali è impensabile rinunciare, perché non sarebbe possibile utilizzare la propria unità immobiliare senza necessariamente sfruttare le parti comuni essenziali. L’unica possibilità di rinuncia rimane infatti la vendita della proprietà, e con essa la cessione delle parti comuni. Di qui la condizione “forzosa”, che costringe chiunque sia proprietario di un’unità immobiliare all’interno di un condominio a partecipare alla spesa per la sua conservazione.

Non è necessario che un bene sia compreso nell’elenco sopra indicato per essere considerato a tutti gli effetti un “bene comune”. L’Art. 1117 c.c. ne cita diversi, ma si tratta comunque di una lista esemplificativa e non esaustiva. Affinché un bene possa essere considerato condominiale è indispensabile innanzitutto che la sua destinazione strutturale e oggettiva sia comune a tutti i partecipanti al condominio e, soprattutto, che non sia indicato in alcun contratto di vendita (rogito) relativo ad una qualunque unità immobiliare presente nell’edificio, perché in tal caso sarebbe sicuramente di proprietà individuale. Più avanti vedremo che esiste un’altra eccezione che può destinare un bene comune al godimento di un singolo partecipante al condominio e non alla collettività: una norma contrattuale del regolamento condominiale.

In considerazione di quanto si è detto, si può dedurre che un “condominio” si forma automaticamente e senza alcun atto formale, in presenza di almeno due unità immobiliari all’interno dello stesso edificio (condominio minimo), a condizione però che le due unità siano proprietà di due diversi soggetti. Più precisamente ci troveremo di fronte alla nascita di un nuovo condominio quando:

  1. Il costruttore di una qualsiasi complesso immobiliare vende il primo appartamento, cedendone quindi la proprietà ad un terzo e facendo sorgere di conseguenza un condominio minimo;
  2. Più soggetti acquistano un terreno e vi costruiscono un immobile, assegnando successivamente le singole unità immobiliari in proprietà a ciascuno;
  3. Più soggetti ereditano pro indiviso un edificio e successivamente procedono al frazionamento e all’assegnazione dei singoli appartamenti tramite notaio.

Così come un condominio si forma, vi sono casi in cui può essere sciolto:

  1. Se può dividersi in edifici autonomi, pur mantenendo alcune parti in comune (ma serve una delibera assembleare);
  2. Se un unico soggetto acquista tutte le unità immobiliari di un edificio;
  3. In caso di perimento totale o per oltre i 3/4 dell’edificio.

Condominio parziale e supercondominio

La particolare fattispecie di “condominio parziale”, piuttosto frequente e meritevole di attenzione, si verifica quando alcune delle parti comuni sono strutturalmente ed oggettivamente asservite all’utilizzo di una sola parte dei partecipanti al condominio. Un unico edificio, diviso in più scale, è il caso più diffuso di condominio parziale, nel quale gli occupanti di ciascuna porzione di fabbricato concorrono alle spese di conservazione e uso della propria scala, la relativa illuminazione nonché pulizia, e dell’ascensore, con le corrispondenti spese di manutenzione, sostituzione, messa a norma, ecc.. Spesso sono le Tabelle Millesimali, di cui parleremo più avanti, a sottintendere tale parziarietà, ma vi sono circostanze in cui questa condizione non è così evidente. E’ il caso, solo per citare un esempio, della colonna discendente delle condotte di scarico delle acque nere in un edificio. Anche qui ci troviamo di fronte ad un “condominio parziale” poiché tale impianto potrebbe servire soltanto una parte delle unità immobiliari, quelle disposte sulla stessa verticale. Saranno quindi i proprietari degli appartamenti interessati che dovranno sostenere le spese di conservazione e riparazione della condotta e non tutto il condominio.

L’argomento verrà approfondito in altri articoli, ma per ora è importante sottolineare che tale parziarietà si riflette anche sulle maggioranze assembleari di delibera per eventuali spese di riparazione straordinaria. Saranno infatti chiamati ad esprimersi soltanto i condòmini interessati e non tutti i partecipanti al condominio.

Quando un complesso immobiliare include più condomini o edifici autonomi che condividono una o più parti comuni, come una centrale termica, un servizio di guardiania, una serie di attrezzature di svago, o altro, siamo in presenza di un supercondominio. In questo contesto, ogni singolo condominio continua ad avere un proprio amministratore che si occupa della gestione delle spese riconducibili al suo fabbricato, ma per ciò che concerne le spese comuni a tutti i condomini, è necessario riferirsi ad una entità più generale che li comprenda tutti, il supercondominio appunto, le cui spese vengono ripartite tra i vari condomini e, all’interno di ciascuno, tra i vari condòmini. Anche il supercondominio ha un suo amministratore, ed è regolato dalle stesse norme di legge che sovrintendono i condomini tradizionali.

Un complesso di villette unifamiliari facenti parte di una vasta area verde recintata, dotata di vialetti di transito con illuminazione, cancello principale di ingresso con portineria, piscina comune e impianti sportivi, è un altro esempio di supercondominio dove non esistono condomini, ma un unico ente e un solo amministratore, talmente simile ad un condominio in un edificio, da non avere praticamente alcuna differenza in termini di gestione.

Analogamente al condominio, il supercondominio ha una sua titolarità fiscale, un suo regolamento di supercondominio e specifiche Tabelle Millesimali. Differisce solo per alcune particolarità legate alla convocazione delle assemblee, agli aventi diritto nelle votazioni e alla rappresentanza, ma saranno argomenti sui quali torneremo a parlare.

Chi sono i condòmini?

Ma chi sono i condòmini? A prima vista si potrebbe affermare che siano semplicemente “gli abitanti del condominio”, ma non è così. I condòmini sono i titolari di diritti reali di godimento sulle unità immobiliari: i proprietari innanzitutto, ma anche gli usufruttuari e i nudo proprietari, cioè i soggetti che hanno un diritto reale sulle unità immobiliari, ovvero coloro che hanno sottoscritto un atto di natura pubblicistica trascritto in Conservatoria. Chiarendo meglio la natura di questi soggetti possiamo dire che:

  1. Il proprietario (o i proprietari): è colui che ha sottoscritto un atto pubblico presso un notaio (rogito) trascritto in Conservatoria e che ha la proprietà piena ed assoluta dell’unità immobiliare indicata nell’atto;
  2. L’usufruttuario: è colui che ha sottoscritto un atto pubblico presso un notaio (rogito) trascritto in Conservatoria e che ha il godimento della proprietà e dei suoi frutti per un certo periodo di tempo (normalmente fino al decesso);
  3. Il nudo proprietario: è colui che insieme all’usufruttuario ha sottoscritto un atto pubblico presso un notaio (rogito) trascritto in Conservatoria e che possiede i diritti reali sulla proprietà, ma non il godimento, fino al decesso dell’usufruttuario, a seguito del quale diventa l’effettivo e unico proprietario dell’unità immobiliare.

I proprietari sono tenuti a sostenere, salvo le eccezioni di cui parleremo, tutte le spese ordinarie e straordinarie per la conservazione delle parti comuni, ivi comprese le innovazioni e le spese inerenti ai servizi necessari al godimento della proprietà individuale.

Gli usufruttuari sono tenuti a sostenere le spese di manutenzione ordinaria e le spese inerenti ai servizi necessari al godimento della proprietà individuale. In pratica sono chiamati a partecipare alle spese che servono per la conservazione delle parti comuni e per il loro uso “fino alla conclusione dell’usufrutto”.

I nudo proprietari sono tenuti a sostenere le spese di manutenzione straordinaria e le innovazioni, cioè quelle che incidono in maniera più sostanziale sulle parti comuni e che travalicano in un certo senso il normale uso, in tal caso infatti rimangono a carico dell’usufruttuario.

Vedremo più avanti che questa differenza tra usufruttuario e nudo proprietario avrà riflessi importanti sulle convocazioni assembleari e le relative delibere, perché la loro presenza, e di conseguenza le maggioranze, saranno strettamente legate all’argomento in discussione all’ordine del giorno.

Calcolare il numero preciso di condòmini presenti in un fabbricato, e che naturalmente può essere soggetto a variazioni in funzione della vendita di unità immobiliari, è di fondamentale importanza perlomeno per due ragioni:

  1. Il numero complessivo dei condòmini determina l’obbligatorietà o meno della presenza di un amministratore di condominio;
  2. Il numero complessivo dei condòmini incide pesantemente sui quorum assembleari costitutivi e deliberativi, ovvero sulle attività principali che regolano la vita all’interno di un condominio.

La legge impone la nomina dell’amministratore all’interno dei condomini che abbiano più di otto condòmini (quindi da nove in avanti). Ma come si contano i condòmini? Cominciamo col dire che il loro numero non corrisponde a quello delle unità immobiliari presenti nel condominio. Ciò significa che un edificio con trenta appartamenti e otto condòmini, non è obbligato a nominare un amministratore di condominio, ma ne ha comunque facoltà, perché la legge non lo vieta.

Cercando di semplificare al massimo il concetto, il numero dei condòmini è costituito dalla somma dalle diverse “compagini” titolari di proprietà esclusive. In sostanza, se un soggetto ha in proprietà due unità immobiliari, conta come un unico condòmino. Ma se lo stesso soggetto è proprietario insieme ad un altro, di un ulteriore appartamento, i condòmini sono due. Un esempio pratico chiarirà il punto:

  • Appartamento A di proprietà del Sig. Rossi;
  • Appartamento B di proprietà del Sig. Bianchi;
  • Appartamento C di proprietà del Sig. Rossi;
  • Appartamento D di proprietà del Sig. Rossi e del Sig. Bianchi;
  • Appartamento E di proprietà del Sig. Rossi, del Sig. Bianchi e del Sig. Verdi.

Il condominio composto dalle cinque unità immobiliari sopra descritte consta di quattro condòmini, sebbene i soggetti proprietari di appartamento siano solo tre.

Conduttori e comodatari

I conduttori, chiamati anche affittuari o inquilini, sono condòmini? La risposta è ovviamente negativa, perché non sono titolari di alcun diritto reale di godimento sull’unità immobiliare, ma semmai titolari di diritti “personali” di godimento, in virtù di un “contratto” stipulato con il reale condòmino, il proprietario o l’usufruttuario. A differenza di un atto, il contratto di affitto è una scrittura privata tra due contraenti, il locatore e il conduttore, e non ha alcuna natura pubblicistica dal momento che non viene registrato in Conservatoria ma all’Agenzia delle Entrate. Anche coloro che usufruiscono di un contratto di comodato d’uso non sono considerati condòmini, per le stesse ragioni appena descritte.

Possono sembrare aspetti del tutto marginali, ma nella realtà la mancanza del “timbro” di condòmini, ha tutta una serie di conseguenze di non poco conto nella vita condominiale e nella responsabilità che i conduttori e i comodatari hanno nei confronti del condominio e dell’amministratore:

  1. Sono tenuti a rispettare il regolamento di condominio, ma l’eventuale inosservanza di una norma può essere fatta valere soltanto nei confronti del condòmino proprietario, il quale avrà poi diritto di rivalsa sui responsabili;
  2. Non vi è alcun obbligo di convocarli alle assemblee, anche se all’ordine del giorno fossero presenti punti in cui abbiano diritto di voto. L’incombenza di chiamarli ad intervenire spetta al condòmino proprietario, che dovrà essere l’unico destinatario della convocazione;
  3. Non possono essere destinatari di richieste di pagamento per spese condominiali, anche se di loro spettanza, perché non possono essere chiamati a rispondere di eventuali morosità; il pagamento delle spese, di qualsiasi natura, spetta al condòmino proprietario che provvederà, in virtù del contratto da lui stipulato con il conduttore o il comodatario, ad esigerne il rimborso dai diretti interessati o, in caso di inadempienza nel termine di due mesi, a rescindere dal contratto per morosità;
  4. E’ consentito il godimento delle parti comuni e degli eventuali locali condominiali, ma in linea di massima non è permesso apporre modifiche, a meno che queste non siano state concordate con il condòmino proprietario, l’unico responsabile nel caso di inosservanza del regolamento di condominio o delle norme di legge da parte del conduttore o del comodatario.