Benchè molti non lo sappiano, l’amministratore di condominio non è investito di alcun potere, salvo quelli a lui attribuiti dall’art. 1130 cc, e che gli derivano dalla posizione di custode delle parti comuni. E’ l’assemblea ad avere il pieno controllo del condominio, mentre all’amministratore spetta soltanto il compito di eseguire le delibere approvate.
L’amministratore, una volta convocata l’assemblea ai sensi dell’art. 66 dacc, esaurisce il suo compito “istituzionale”. La sua presenza in assemblea è infatti del tutto superflua essendo demandati al Presidente, regolarmente eletto prima della costituzione, tutti gli adempimenti previsti dal codice civile:
1) la verifica che tutti gli aventi diritto siano stati convocati;
2) la verifica della titolarità dei presenti;
3) la verifica delle deleghe;
4) la verifica dei quorum costituivi e deliberativi;
5) la cura dello svolgimento dell’assemblea secondo i punti all’odg;
6) la responsabilità di redigere il verbale insieme al segretario, e di leggerlo al termine dell’assemblea prima di apporvi una firma congiunta, a suggello della fedeltà di quanto riportato.
L’amministratore è invece una presenza costante, ma soltanto perchè la maggioranza delle assemblee riguarda l’approvazione di bilanci, preventivi e consuntivi, su cui l’amministratore deve poter fornire tutti i chiarimenti del caso. Un buon amministratore rimane defilato e interviene solo quando necessario, forte dell’esperienza, della professionalità e della preparazione che tutti gli amministratori 2.0 (quelli cresciuti con la nuova riforma) dovrebbero avere.
Non si tratta di un dettaglio di poco conto, perchè in molte occasione si percepisce il timore reverenziale dei condòmini nei confronti del proprio amministratore, come se fosse una persona intoccabile. Non ci stancheremo mai di dire che il condominio è dei condòmini e che l’amministratore ha il compito di farlo prosperare e di salvaguardare la sicurezza dei condòmini, sotto tutti i punti di vista.