Un condominio deve necessariamente sostenere delle spese, indispensabili per la conservazione delle parti comuni e per l’erogazione dei servizi a beneficio dei condòmini. Si è detto che i condòmini sono obbligati a parteciparvi, che la suddivisione avviene in base alle tabelle millesimali e che tale obbligo nasce nel momento stesso in cui la spesa si rende necessaria. Per la riscossione dei contributi l’amministratore è tenuto a preparare un prospetto di spesa con la relativa ripartizione e presentarlo ai condòmini per l’approvazione. E’ in questo momento che la spesa diventa liquida ed esigibile, perché per ogni condòmino viene espressamente indicata la quota a lui spettante e la suddivisione pro rata. Nel caso in cui uno dei condòmini non provveda al versamento di quanto dovuto nei termini previsti, l’amministratore è tenuto ad agire.
Tra i vari compiti che l’amministratore ha l’obbligo di eseguire, ce n’è uno essenziale che la legge espressamente gli impone: “agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati”. E’ una norma che se disattesa, può comportare la revoca del mandato e pertanto va rispettata con particolare cautela. In virtù del preventivo di spesa con relativa ripartizione, o del rendiconto di fine esercizio, l’amministratore, trascorsi sei mesi dalla scadenza del pagamento durante i quali invia gli avvisi di sollecito, deve utilizzare lo strumento del decreto ingiuntivo per ottenere quanto dovuto. Non è necessaria alcuna autorizzazione assembleare per farlo, dal momento che è un’attribuzione specifica che gli deriva dal contratto di mandato, ma nonostante ciò, è tenuto a passare dall’assemblea per l’approvazione di un fondo legale, costituito dai mezzi economici che servono per avviare la pratica con il supporto di un avvocato. Soltanto se dispensato dall’assemblea, l’amministratore può esimersi dal procedere, ma in questo caso deve essere trascritto nel verbale assembleare, inserendo le eventuali condizioni o limiti oltre i quali sarà invece invitato ad attivarsi.